BY: Gianluca Zoino

Approfondimenti

Comments: Nessun commento

L’ipnosi può essere utilizzata anche con i bambini. Non si deve pensare ad essa come un metodo artificioso o pericoloso.E’ uno stato fisiologico che può essere utilizzato come risorsa e strumento per superare sintomi e difficoltà personali. Lo psicologo che pratica ipnosi con i bambini, utilizza un metodo per accompagnarli, tenendoli per mano, in un luogo nel quale essi, inconsciamente o consciamente, desiderano andare. Ad esempio un piccolo paziente potrebbe essere teso o nervoso, ma aver perso la strada per ritrovare il suo benessere e il suo equilibrio.
I bambini sono particolarmente ricettivi all’ipnosi perché fa leva sulla loro grande capacità immaginativa, sulla fantasia e sulla creatività.

Questa tecnica permette loro di trovare un “rifugio sicuro”, un ’esperienza piacevole e in cui diventano consapevoli delle loro “risorse riparatrici” nascoste. Per iniziare bene un trattamento, innanzitutto è importante consolidare un buon rapporto di fiducia tra l’ipnotizzatore e il piccolo paziente. Una buona esperienza di ipnosi parte con l’osservazione e l’ascolto del bambino. Osservandolo attentamente si potranno notare i canali sensoriali (visivo, auditivo o cinestetico) che predilige. Questo permetterà di sincronizzarsi con lui.

L’ipnosi pediatrica seguirà modalità e suggestioni diverse rispetto a quella con gli adulti, sebbene rappresenti lo stesso fenomeno

In quali casi può essere utile?

1. Disturbi da somatizzazione

Quando i bambini attraversano periodi di stress emotivo possono manifestare il loro disagio attraverso il corpo piuttosto che con le parole.

2. Problemi legati al sonno

Circa il 25% dei bambini hanno delle difficoltà legate al sonno, che può essere causata da fattori emotivi, fisici o familiari .La stanchezza del non riposare bene che ne deriva può interferire con la loro vita quotidiana, con lo studio o con i rapporti interpersonali.

3. Paura del dentista

Reazioni di ansia e paura del dentista, sono condizioni emotive molto comuni, ma talvolta possono impedire al dentista di prestare le cure necessarie al paziente.
L’ odontofobia è stata riconosciuta dall’Organizazione Mondiale della Sanità come una vera e propria malattia, ed è stata inserita nell’International Classification of Disease (ICD-10) tra le fobie specifiche (OMS, 1996).
Secondo le stime dell’OMS riguarderebbe il 15-20% della popolazione.
L’ odontofobia nei bambini
Una particolare attenzione viene posta all’infanzia, un periodo delicato in cui l’esordio della paura del dentista e dell’ansia per le cure odontoiatriche è più frequente.
Indipendentemente dall’età molti bambini sono molto resistenti e in grado di sopportare molto, mentre altri sono vulnerabili e rispondono negativamente anche a piccoli stimoli stressanti. L’equipe odontoiatrica non può influenzare questi fattori, ma dovrebbe dimostrarsi sensibile e adattare a essi la strategia di trattamento. I fattori dentali sono quelli che l’equipe può tenere sotto controllo. Gli aspetti principali sono rappresentati dalla prevenzione del dolore e del disagio e dal tentativo di stabilire una buona relazione psicologica tra il bambino e i genitori da una parte e l’equipe odontoiatrica dall’altra.

4. Gestione del dolore.

Un’analisi degli studi recenti in materia ha mostrato che bambini supportati con l’ipnosi che dovevano sottoporsi ad interventi chirurgici provavano meno dolore ed ansia rispetto ai soggetti di controllo.

5. Disturbi della continenza di urine e/o feci

La manifestazione fondamentale dell’enuresi è una ripetuta emissione di urine, involontaria ma occasionalmente anche intenzionale, che avviene generalmente durante il sonno, in bambini di almeno cinque anni di età, in assenza di lesioni all’apparato urinario e di condizioni mediche generali. Come definito nel DSM IV il disturbo deve manifestarsi almeno due volte alla settimana per almeno tre mesi consecutivi, e determinare una compromissione significativa dell’area sociale, scolastica.
Si distinguono due sottotipi dell’enuresi:
– enuresi notturna: è il sottotipo più comune, in cui la perdita di urine si ha solo durante il sonno notturno. Si manifesta principalmente durante il primo terzo della notte, solo occasionalmente l’emissione avviene durante il sonno REM, e può accadere che il bambino ricordi un sogno che comportava l’atto di urinare.
– enuresi diurna: la perdita di urina si ha durante il giorno, è più comune nelle femmine che nei maschi, ed è rara dopo i nove anni. Si manifesta più frequentemente nel primo pomeriggio dei giorni di scuola e può essere dovuta a difficoltà ad usare il bagno per ansia sociale o all’eccessivo coinvolgimento nelle attività.

6. Disturbi dell’alimentazione

7. Disturbi della concentrazione (scuola, gare sportive)

8. Paure, fobie (animali, aghi, rumori…) e tic

9. Iperattività

Uno dei quadri clinici più diffusi in infanzia è la sindrome di iperattività infantile.
Si tratta di una condizione molto più diffusa nei maschi che nelle femmine, sebbene il suo esordio sia collocabile intorno ai due-tre anni, e manifesta la sua massima incidenza in età scolare.
Ciò si deve a due motivi: in primo luogo perché le difficoltà di attenzione hanno ripercussioni sulle capacità di apprendimento e l’iperattività dirompente, mista a comportamenti impulsivi e talvolta aggressivi, crea spesso problematiche relazionali con i coetanei. Un’altra evidenza che colloca l’incidenza del disturbo in questa fascia d’età è data dalle difficoltà di gestione di questi bambini da parte degli insegnanti.
Inizialmente si credeva che l’origine di questo disturbo fosse organica: infatti si riteneva erroneamente che alla base vi fosse un difetto cerebrale. Oggi ciò è stato smentito, ma resta valida la teoria che giochi un ruolo chiave una forte predisposizione genetica. Secondo alcuni studi ci sarebbe un’anomalia nei livelli di noradrenalina, un neurotrasmettitore a carattere attivatore, ed una carenza di dopamina, un neurotrasmettitore a carattere inibitorio. Quindi è come se nel cervello di questi bambini vi fosse una disregolazione delle influenze inibitorie dell’attività della corteccia frontale ed una bassa attivazione della corteccia pre-frontale, deputata alla pianificazione dell’azione, che spiegherebbe i sintomi di impulsività.

10. Disturbi del linguaggio

11. Onicofagia (mangiarsi le unghie)